Oikomuseo di San Giuseppe

In occasione dei festeggiamenti in onore di San Giuseppe dell’anno 2017 la Pro Loco Baucina ha realizzato l’Oikomuseo di San Giuseppe. Un omaggio a una festa che raccoglie parecchie tradizioni del paese e che ha accompagnato l’evolversi della comunità baucinese nei decenni. L’Oikomuseo, rivolto anzitutto alla cittadinanza, è stato l’occasione per riportare all’attenzione mestieri e usanze ormai perdute: il falegname, artigianato schiacciato dall’industria; la questua, in cui il piccolo contributo – da solo inutile – di ciascuno diventava sufficiente unito nella totalità; la tradizione – che ancora si svolge – della rievocazione della fuga in Egitto; la tavolata e il focolare simboli dell’unità e della solidarietà.

Il falegname

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L’Oikomuseo di San Giuseppe intende essere un tributo al culto del Santo baucinese, e più in generale siciliano, e a ogni manifestazione tradizionale collegata ad esso. In questo angolo della mostra si offre quindi, un tributo al mestiere di San Giuseppe, il falegname. Questo tributo, però, non è al mestiere così come doveva essere svolto all’epoca della vita del Santo, ma al mestiere così come è stato svolto a Baucina, in età preindustriale. Parlare del mestiere del Patriarca diventa, quindi, occasione per riscoprire una sapienza artigianale perduta.

La questua

oikomuseo di San Giuseppe

La questua è uno dei momenti più caratteristici, dell’organizzazione della festa di San Giuseppe. In onore del Santo si svolgeva una questua per i sette mercoledì precedenti la festa. Il motivo non è ben individuato forse è legato al fatto che Marzo era un mese nel quale le provviste invernali erano quasi finite. Le questue erano plurime, quindi, per garantire una raccolta comunque sufficiente alla realizzazione dei festeggiamenti. In questo angolo dedicato alla questua, si possono osservare:la giara, utilizzata per la raccolta dell’olio, e la “visazza” per la raccolta dei cereali, con le unità di misura a questa dedicate (tumminu, menzu-tumminu, crozza).

La fuga in Egitto

Uno degli elementi che rende singolare la festa baucinese, è la recita con cui viene inaugurata la tavolata.
Essa rievoca la fuga in Egitto della Sacra Famiglia o, meglio, è riconducibile a tutte le altre tradizioni che, in Sicilia, sogliono raccontare la tribolazione dei santi pellegrini nel trovare una dimora. Il percorso è scandito in quattro tappe: le sagome della Santa Famiglia riproducono il dialogo iniziale tra Giuseppe e Maria le porte nel percorso indicano i tentativi di trovare alloggio, rappresentati nella recita. La strada è segnata dalle fotografie che seguono un criterio cronologico dalla più moderna alla più antica. Le fotografie sono come panni stesi un contrasto tra la stabilità e il pellegrinaggio, tra il dinamismo del progredire temporale e la necessità di conservare le tradizioni perché non vengano spazzate via.

La tavolata

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Il banchetto, a Tavulata, in cui si possono ammirare le primizie vegetali; non ha solo finalità estetiche, dal  punto di vista simbolico, infatti, gli unici che possono mangiare dei cibi esposti sono, secondo tradizione, i rappresentanti della Sacra famiglia: San Giuseppe, Maria e  Gesu’;  e solitamente ad indossare le loro vesti erano un pover’uomo, una ragazza povera o orfana e un bambino povero o orfano anche lui. Essendo San Giuseppe patrono dei poveri e degli orfani, la funzione dell’offerta di cibo a questi ultimi, suoi protetti, era quella di ingraziarsi il Santo. E’ parso opportuno allora, in questa quarta sezione della mostra, rappresentare come fossero la stessa cosa, la tavola celeste (la tavolata) e il focolare domestico, quest’ultimo rappresentato come doveva presentarsi in un’umile casa baucinese. Un modo per innalzare la dignità di quella vita semplice proprio come tutti immaginiamo la vita della Famiglia di Nazareth.

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